Presentata al Parlamento la Relazione 2014 dell’A.N.AC.

«La corruzione non può essere affrontata in modo unilaterale, ma richiede interventi plurimi e contestuali: una repressione che funzioni, una prevenzione capace di inserire nel sistema gli anticorpi e un cambiamento culturale che comporti una maggiore consapevolezza dei cittadini».

 

Sono le parole pronunciate alla Camera dal Presidente dell´A.N.AC., Raffaele Cantone, che ha presentato ieri al Parlamento la Relazione 2014 dell´Authority. 

 

Oltre al lavoro dell´Autorità Nazionale Anticorruzione, «ci sono molti altri interventi – osserva Cantone - che finiscono per svolgere una funzione preventiva e che dipendono da soggetti diversi: una burocrazia meno invasiva e più efficiente, una politica onesta, autorevole e credibile, un´impresa che, così come ha fatto nella lotta alle mafie, scelga di stare dalla parte giusta»

 

La corposa Relazione Annuale affronta dunque il contesto normativo e istituzionale della nuova A.N.AC., i temi dei contratti pubblici, della prevenzione della corruzione e della trasparenza. 

 

A quest´ultimo proposito, il documento afferma che nell´impianto della legge 190/2012 «lo strumento di più efficace contrasto viene identificato nel PTPC» (Piano triennale per la prevenzione della corruzione, ndr). Il modello da adottare - si spiega - è analogo a quello previsto dal D.Lgs. 231/2001, utilizzato dalle società private in materia di responsabilità amministrativa degli enti.

 

Tuttavia, al di là dei possibili punti di contatto, le due discipline mantengono finalità e natura differenti. Il PTPC prevede infatti alcune peculiarità, quali: la nomina di un Responsabile della Prevenzione (RPC, che dovrà comunque operare in stretto contatto con l´OdV); il suo compito di predisporre i Piani da proporre all´approvazione degli organi di indirizzo politico-amministrativo; la sua speciale responsabilità nei casi di commissione di reati contro la P.A. e violazioni delle misure previste nello stesso PTPC. 

 

Anche in riferimento all´ambito soggettivo di applicazione della disciplina, la Relazione specifica che, per le società partecipate già munite di un modello 231, l´obbligo di prevenzione della corruzione può dirsi eseguito. Mentre per le società controllate l´adozione del solo modello 231 non è invece sufficiente, perché lo si deve integrare con le misure idonee a prevenire le condotte previste dalla normativa anticorruzione.

 

Altro dato interessante si ricava dall´indagine condotta dall´Authority e dall´ISTAT nei mesi di giugno e luglio 2014, su un campione di 4.626 imprese operanti nei settori più legati ai contratti pubblici: solo il 7,2% del campione ha adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo ex Decreto 231.

 

La Relazione si conclude con un invito rivolto a Governo e Parlamento. «Perché il potere di ordine sia efficace – si legge - occorre completarne l´operatività attribuendo alla stessa ANAC il potere di irrogare sanzioni amministrative in caso di mancato rispetto dell´ordine impartito all´amministrazione. Si tratta di un potere sanzionatorio da graduare con attenzione e proporzionalità, di cui, però, appare evidente la funzione di rafforzamento, sia pure in via eccezionale (di extrema ratio), dell´intero sistema dei poteri di vigilanza che la legge ha fin qui attribuito all´Autorità».