La Corte di Appello di Milano, con la sentenza 4979/2017,
ha fornito importanti indicazioni in merito alla fattispecie di induzione
indebita a dare o promettere utilità ex articolo 319-quater del
Codice penale.
La pronuncia si inserisce nel contesto di un procedimento
che ha avuto ampia eco mediatica ed in cui l’accusa ha sostenuto che una figura
politica di alto livello, tramite il capo della propria segreteria, avesse
fatto pressioni affinché il Direttore Generale di una società a partecipazione
pubblica aggregasse ad una trasferta politica in Giappone una sua ex collaboratrice, accollandosene le ingenti spese.
Il viaggio in questione non sarebbe poi avvenuto, ma la
Procura aveva comunque contestato al Direttore Generale il reato di induzione
indebita: imputazione estesa anche alla società, ai sensi dell’articolo 25 del
D.Lgs. 231/2001.
All’esito del giudizio abbreviato, richiesto dal solo
Direttore Generale, il GUP aveva quindi condannato quest’ultimo a quattro mesi
di reclusione (quale concorrente nel reato), mentre aveva escluso la
responsabilità amministrativa dell’ente, poiché egli avrebbe agito
nell’interesse proprio o di terzi, senza perseguire un qualche interesse per la
società.
La Corte d’Appello ha invece ribaltato la pronuncia di
primo grado, escludendo la configurabilità di un abuso induttivo nella condotta
del pubblico ufficiale e del capo della sua segreteria, nonché un vantaggio
indebito per il Direttore Generale, che è stato assolto perché il fatto non
sussiste.
I giudici – rifacendosi ai principi enucleati dalla
sentenza "Maldera” delle Sezioni Unite della Cassazione (12228/2014) – hanno
infatti escluso l’effettiva presenza degli elementi costitutivi dell’induzione
indebita, argomentando che «non basta certo a dimostrare la sussistenza di
una condotta induttiva ex art. 319-quater c.p. un comportamento
dell’extraneus accondiscendente anche nei confronti di un’alta carica
dello Stato, se l’assunto che egli abbia fatto ciò per guadagnarsi la
benevolenza dell’intraneus, foriera potenzialmente di futuri favori,
resta un argomento assertivo, di mero sospetto, che non trova alcun riscontro
probatorio dei dati processuali acquisiti».
Il procedimento a carico della figura politica e del capo della sua segreteria è ancora pendente al Tribunale di Milano, che procederà con rito ordinario.