Ecoreati, truffe, corruzione. Le operazioni di polizia agostane “richiamano” la responsabilità degli enti

Nell´ambito dell´operazione "Porto sicuro”, il mese scorso sono stati contestati reati ambientali e contro la pubblica amministrazione a diversi imprenditori coinvolti nell´uso distorto di spazi pubblici. 

 

Spazi assegnati da un dirigente dell´autorità portuale, che ne avrebbe favorito l´aggiudicazione ricevendo in cambio «diverse contropartite tra cui l´assunzione a tempo determinato di "amici” presso l´imprenditore privato»

 

L´attività investigativa, guidata dalla Procura della Repubblica di Cassino, è culminata in un blitz congiunto della Guardia Costiera di Gaeta, Civitavecchia e Pozzallo, che ha portato a sequestri di conti correnti e beni immobili per un valore complessivo di circa due milioni di euro. 

 

Le responsabilità per gli illeciti commessi non si limitano agli imprenditori, ma coinvolgono anche quattro società alle quali sono stati addebitati interessi e vantaggi di cui dovranno rispondere ai sensi del D. Lgs. 231/2001. 

 

Nello specifico, i reati cointestati si riferiscono all´art. 25 del Decreto 231 (corruzione per il compimento di atti contrari ai doveri d´ufficio) e all´art. 25-undecies (gestione non autorizzata di rifiuti e il loro traffico illecito). 

 

Dovrebbero invece ricondursi all´art. 24 del Decreto - pur non conoscendosi, allo stato, il provvedimento di sequestro emesso dal GIP di Crotone - gli illeciti "amministrativi” dell´impresa implicata in un´altra truffa, scoperta sempre ad agosto dalla Guardia di Finanza.  

 

I militari hanno infatti sequestrato disponibilità bancarie e beni (per un valore di circa 400mila euro) del legale rappresentante di una società di capitali operante nel settore delle costruzioni. Che aveva usato in modo distorto le risorse finanziarie provenienti dalle casse comunitarie e corrisposte dalla Regione Calabria. 

 

La concessione dei fondi doveva servire a vivacizzare il mercato del lavoro e imponeva una serie di condizioni, tra cui l´assunzione di personale disoccupato da lungo tempo, la permanenza del lavoratore all´interno dell´azienda per un periodo non inferiore a tre anni e la programmazione di attività formativa a favore dei dipendenti. 

 

Tutte condizioni che, a parere delle Autorità, sembrano esser state disattese: alcuni lavoratori non erano infatti disoccupati ma impiegati in altre società, il termine temporale del triennio non era stato rispettato, e l´attività formativa avrebbe interessato solamente un numero molto ristretto di lavoratori. Gli addebiti contestati riguarderebbero dunque anche la società ex D. Lgs. 231/2001.