Sì del Senato al pacchetto anticorruzione

È stato approvato a Palazzo Madama il DDL Grasso, in materia di reati economici, con 165 voti favorevoli, 74 contrari e 13 astenuti. 

 

Il testo, che passa ora all´esame della Camera, incrementa innanzitutto le sanzioni per una serie di reati contro la PA (ma non anche per corruzione tra privati e traffico di influenze illecite). 

 

In particolare, come già segnalato nei giorni scorsi da AODV231 (vedi link): la corruzione propria, la cui pena massima passa da 8 a 10 anni (con la minima che sale da 4 a 6 anni); l´induzione indebita, che porterà dai 6 ai 10 anni e 6 mesi di reclusione (oggi si va da 3 a 8 anni); il peculato, che arriva a un massimo di 10 anni e 6 mesi (rispetto ai precedenti 10 anni).

 

Il provvedimento inasprisce le condanne anche per l´associazione per delinquere di stampo mafioso: la semplice partecipazione sarà così punita con la pena da 10 a 15 anni (ora 7-8 anni); mentre per promotori, organizzatori e coloro che guidano l´organizzazione sono previsti da 12 a 18 anni di carcere (contro gli attuali 9-14 anni).

 

Il "giro di vite” riguarda anche l´associazione armata, le cui pene andranno da 12 a 20 anni per i semplici associati (ora 9-15 anni) e da 15 a 26 anni per i capi (rispetto agli odierni 12-24 anni).

 

La principale novità del DDL resta, comunque, la reintroduzione del falso in bilancio che, dopo 13 anni, torna ad essere reato, qualunque sia la realtà societaria in cui si verifica. 

 

L´art. 8 del testo dispone, infatti, che «Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni». Pena che, per le società quotate, aumenta da 3 a 8 anni di reclusione. 

 

Trova poi applicazione la procedibilità d´ufficio per tutte le ipotesi di false comunicazioni sociali, eccezion fatta per le società molto piccole, quelle non soggette a fallimento, per le quali resta operativa la procedibilità a querela di parte. 

 

Il DDL introduce inoltre sanzioni più severe per le società e gli amministratori che falsifichino i bilanci. L´art. 25-ter del Decreto 231 subisce quindi alcune modifiche.  

 

Nel dettaglio: per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall´articolo 2621 del codice civile (relativo alle società non quotate) la sanzione pecuniaria va da 200 a 400 quote; al reato di false comunicazioni sociali previsto dall´articolo 2621-bis del codice civile (relativo alla tenuità del fatto per le società non quotate) corrisponde la pena da 100 a 200 quote; per la fattispecie di false comunicazioni sociali prevista dall´articolo 2622 del codice civile (relativo alle società quotate), la sanzione corre da 400 a 600 quote.